Stampa: Appello contro DL “Semplificazioni” 2020

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Micorosa: possibile disastro ambientale a Brindisi

I fanghi inquinatissimi del Sito d’Interesse Nazionale più inquinato d’Europa di Micorosa nella zona industriale a sud di Brindisi arrivano ormai in mare. 20 milioni di euro al Cosorzio Comeap per la bonifica mai effettuata, 750 mila euro ad ARPA per monitorare la zona, ma con nessun dato ufficiale ancora pubblicato, tutto a pochi passi da Punta della Contessa e il Parco Regionale delle Saline coi suoi trampolieri e fenicotteri… #velENI

Fonte: https://online.flippingbook.com/view/62208/

A tutto gas. La Sardegna (e l’Europa) a un bivio

In Sardegna si scontrano due modelli di sviluppo energetico diametralmente opposti. Uno basato sulle rinnovabili, l’altro sui gasdotti, e le lobby del petrolio premono per il secondo

Dopo il fallimento del progetto Galsi, il gasdotto che dalle coste dell’Algeria doveva portare gas in Italia passando per la Sardegna, naufragato tra scandali e inchieste per corruzione che hanno travolto i vertici delle principali società coinvolte, a maggio 2019 un nuovo progetto di metanodotto per portare gas in Sardegna è stato presentato da Enura, joint venture di Snam, la principale società di trasporto del gas in Italia, e Società Gasdotti Italia.

Il progetto, fortemente voluto dalla Regione Sardegna, prevede la costruzione di 400 chilometri di metanodotto da Nord a Sud dell’isola che, uniti a una più complessa rete infrastrutturale fatta di rigassificatori, depositi costieri e reti cittadine per il trasporto del gas, avrà il potenziale di portare sull’isola fino a 1,8 miliardi di metri cubi di gas.

I lavori sono partiti lo scorso novembre, con il primo appalto da 5,5 milioni di euro per la progettazione di condutture del tratto Sud del metanodotto assegnato da Snam alla società Technip senza gara di appalto. Molti però sono i nodi ancora da sciogliere.

Il primo è la questione del prezzo. Trattandosi di infrastruttura le reti di trasporto energetiche finiscono in tariffa: «Significa che a pagare l’investimento alla fine sono i consumatori sulla base di tariffe decise da Arera e inserite nella bolletta dei consumi energetici», spiega Federico Pontoni, ricercatore all’Università Bocconi di Milano.

Nel caso del metanodotto sardo, opera che secondo le stime di Enura costerebbe 590 milioni di euro, Arera, l’autorità pubblica che regola e controlla i settori dell’energia e del gas naturale, ha chiarito che solo con una legge ad hoc del governo si potranno spalmare i costi dell’infrastruttura su tutto il territorio nazionale. Senza quella, è il sottotesto, saranno i sardi a pagare l’infrastruttura volute da Snam. Una doccia fredda per i sostenitori del progetto che potrebbe avere come conseguenza il fatto che, se il gas in Sardegna dovesse essere troppo costoso, i sardi potrebbero decidere di non utilizzarlo.

Non solo. Sul tavolo del governo c’è anche il progetto presentato da Terna, la società che gestisce le reti per la trasmissione dell’energia elettrica, che prevede una connessione elettrica tra Sardegna, Sicilia e continente tramite cavo di trasmissione ad alta tensione HVDC. A luglio 2019, Arera ha richiesto e commissionato uno studio indipendente per valutare costi e benefici del progetto di metanizzazione alla società privata RSE. Lo studio di RSE, costato 160 mila euro e che avrebbe dovuto essere pubblicato la scorsa primavera,non è ancora stato reso pubblico.Rispondendo alle domande di IrpiMedia, l’ufficio stampa di Arera ha dichiarato che «l’Autorità ha ricevuto una versione pressoché definitiva dello studio commissionato alla società RSE e ha richiesto alcuni chiarimenti in vista della sua successiva pubblicazione».

«La mancanza di gas, che è sempre stata vista come un cronico ritardo, dovrebbe essere trattata oggi come un enorme vantaggio», sostiene Alfonso Damiano, professore di ingegneria elettrica all’Università di Cagliari.

Damiano ha collaborato alla stesura del Piano energetico regionale per la Regione Sardegna ed è anche tra i fautori, insieme a Sardegna Ricerche, ente sardo per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, del modello Benetutti. «Dati alla mano, la produzione da fonti rinnovabili copre già circa la metà della domanda sarda di energia», spiega. «Anche per il riscaldamento in Sardegna si usano soprattutto biomasse e pompe di calore, Gpl e gasolio coprono una fetta minima dei consumi – conclude Damiano -. Il punto è che l’elettrificazione dei consumi è più conveniente economicamente e la maggior parte delle persone lo ha capito».

Articolo completo: https://irpimedia.irpi.eu/a-tutto-gas-la-sardegna-e-leuropa-a-un-bivio/

1/2 agosto; Giornate di mobilitazioni simultanee nei territori

Ecco le iniziative in tutta Italia per il 1-2 agosto della campagna “Per il mare, fuori dal fossile”:

  • Brindisi, 1 agosto:

Moderano gli studenti della redazione di emergenzaclimatica.it

Contro la conversione a gas di Cerano, per costruire una comunità energetica diffusa e per il lavoro.

Sabato 1 agosto, ore 10.00 lungomare Regina Margherita Brindisi

Ospiti:  Prof. Michele Carducci (UniSalento), Mario Furore (europarlamentare M5S), Gianluca Bozzetti (Vicepresidente Commissione Lavoro Regione Puglia), Livia dell’Anna (Commissione Ambiente Comune di Brindisi), Roberto Aprile (Cobas), Cosimo Quaranta (Movimento No TAP/SNAM Provincia di Brindisi), Maurizio Portaluri (Forum Ambiente e Salute), WWF Brindisi, Fridays for Future Wien.

  • Termoli, 2 agosto

Basta regali agli inquinatori. Basta veleni.

2 agosto ore 9.00: sit in c/o Viale dei Trabucchi (spiaggia libera lato Cala Sveva), Termoli.

Organizzato da Trivelle Zero Molise, Fridays for Future Termoli, I Discoli del Sinarca.

  • Pescara, 1 agosto

Conferenza stampa e sit in presso Spiaggia libera e attrezzata Arci “Moroni a mare”, Viale della Riviera (tra lido Jambo e Nettuno)

Organizzato da No Hub del Gas Abruzzo e Forum H2O

  • Falconara Marittima, 1 agosto

Presidio e conferenza stampa sabato 1 agosto dalle ore 10.30 in poi davanti la Raffineria API di Falconara Marittima.

Organizzato da Laboratorio Falkatraz Trivelle Zero Marche Campagna Per il Clima Fuori dal Fossile

Perchè la raffineria Api, cresciuta dentro la Città di Falconara e alle porte del Capoluogo anconetano dal boom economico degli anni 50 fino ad oggi, rappresenta ora l’emblema di questa crisi: oltre ogni forma passata di redistribuzione economica della ricchezza prodotta da fonti fossili, oggi questo sistema espropria e estrae ricchezza per pochi e redistribuisce ai molti gli effetti sempre meno collaterali, fatti di criticità sanitarie, ambientali, inquinamento del territorio, nonché principale ostacolo ad una sua riconversione verso uno sviluppo altro e green.
Perchè oggi servirebbe una programmazione in direzione della dismissione di imprese inquinanti, conversione industriale e bonifica del territorio.

Leggi comunicato su Facebook.

  • Comunicato congiunto:

Il 13 e il 14 maggio scorsi abbiamo contestato le assemblee di Enel e Eni, i due colossi a partecipazione pubblica che con le loro scelte industriali, basate sul fossile e su false produzioni green, sono tra i maggiori responsabili del riscaldamento globale, oltre che della devastazione e del saccheggio di intere comunità e territori in Italia e nel Mondo.
Il 4 luglio abbiamo manifestato a Civitavecchia per la chiusura della centrale a carbone e contro la realizzazione di nuove centrali turbogas a Civitavecchia come a Brindisi, Fusina e La Spezia.

La Campagna Nazionale Per il Clima Fuori dal Fossile NON SI FERMA e invita tutte le realtà territoriali che si battono contro le grandi e piccole opere e gli impianti energetici e industriali nocivi inquinanti climalteranti a partecipare l’1 e il 2 agosto alle giornate di mobilitazione simultanee per:

-La sospensione di ogni finanziamento pubblico alle imprese che operano nelle fonti fossili e per il rilancio di un piano di investimenti verso le bonifiche dei tanti siti inquinanti di interesse nazionale e per le energie rinnovabili.
-Dire No al recente Decreto Legge Semplificazioni che riduce i termini di partecipazione dal basso alle Valutazioni di Impatto Ambientale VIA a favore dei soliti noti, favorisce bonifiche di facciata smantellando le priorità non ancora ottemperate dei Siti di Interesse Nazionale SIN e facilita le autorizzazioni per nuovi gasdotti.
-La chiusura di tutte le centrali a carbone ancora attive e contro la realizzazione di nuove centrali turbogas a Brindisi, Fusina, La Spezia e Civitavecchia.
-Fermare il progetto di un’Italia Hub e piattaforma europea del gas, perforata da nuovi metanodotti, rigassificatori e trivellazioni.
-Dire No ai progetti TAP e SNAM del Salento e dell’Appennino, come a quelli della metanizzazione della Sardegna.

Comunicate le vostre iniziative scrivendo sulla nostra pagina facebook alla mail perilclimafuoridalfossile@gmail.com

1/2AGOSTO2020 #PerilClimaFuoridalFossile

Appello di 130 Associazioni da tutta Italia su VIA e bonifiche del DL “Semplificazioni”

Comunicato stampa del 21/07/2020

Bonifiche e Valutazione di Impatto Ambientale, più che Dl “Semplificazioni”, devastazioni!

Svuotati di significato i Siti nazionali di Bonifica trattati come territori “ordinari” nonostante il gravissimo inquinamento, da Taranto a Falconara, da Bussi a Brindisi, da Livorno a Gela, da Milazzo a Mantova e altre decine di aree.

Bonifica si ferma ai suoli: e le falde contaminate? Sulla VIA svilita la partecipazione dei cittadini.

Ora il Decreto all’esame del parlamento. Da tutta Italia appello ai parlamentari di decine di reti di cittadini, movimenti e associazioni: nella conversione in legge fermate i regali agli inquinatori, difendete la salute dei cittadini! 

Falde acquifere inquinate abbandonate a loro stesse; taglio della partecipazione dei cittadini alla Valutazione di Impatto Ambientale; complicazioni nei procedimenti di bonifica; aumento delle “poltrone” con la costituzione di una seconda commissione nazionale V.I.A.; procedure di favore per le opere fossili spacciate sotto il titolo paradossale ma accattivante “Semplificazioni in materia di green economy“: il Dl Semplificazioni contiene un attacco frontale all’ambiente e ai diritti fondamentali dei cittadini.

Bonifiche

Per quanto riguarda i Siti Nazionali di Bonifica, individuati dallo Stato come le aree più inquinate del paese in base al Testo Unico dell’Ambiente D.lgs.152/2006 non si procederà più, come si fa oggi, direttamente alla caratterizzazione delle aree – ossia il delicato e stringente processo di ricostruzione della contaminazione avvenuta – dando per scontato che i terreni dell’Ilva a Taranto, di Bussi, di Gela, di Falconara e di decine di altri siti assurti agli onori delle cronache nazionali ed internazionali per il livello di inquinamento, siano contaminati pesantemente e che quindi è necessario il massimo approfondimento. Invece, con l’art. 53, si rende possibile agli inquinatori di partire presentando invece della caratterizzazione una più semplice e blanda “indagine preliminare”, come avviene per un sospetto di inquinamento in qualsiasi altra area del paese. Come se una raffineria fosse una pompa di carburante, insomma!

Alla faccia della semplificazione si aggiunge così un ulteriore passaggio presso il Ministero dell’Ambiente che è già vergognosamente indietro con bonifiche che, grazie anche a questo decreto, diventano un vero e proprio miraggio tra lungaggini di ogni tipo. Il ruolo del Ministero sempre di più ci sembra quello dello stopper delle bonifiche, con risparmi miliardari alle aziende che hanno inquinato.

Vi è però di peggio, nel decreto. Un tana libera tutti per i grandi inquinatori delle acque sotterranee, che oggi è una vera e propria emergenza del paese, visto che all’art.53 si introduce il micidiale comma 4 quater che prevede testualmente che “La certificazione di avvenuta bonifica di cui all’articolo 248 può essere rilasciata anche per la sola matrice suolo…” a cui segue “lo svincolo delle relative garanzie finanziarie” che l’inquinatore deve depositare  al momento della segnalazione dell’avvenuta contaminazione. E la bonifica dell’acqua sotterranea contaminata, spesso a livelli decine di migliaia di volte i limiti di legge, che fine fa, togliendo pure la già esile deterrenza costituita dalle garanzie finanziarie?

Un vero e proprio incentivo a non bonificare che, tra l’altro, varrà per i grandi gruppi che hanno inquinato, visto che si applica solo ai Siti Nazionali di Bonifica e non già agli altri siti contaminati “normali”. Un vero e proprio paradosso, insieme all’ulteriore norma che esclude per i Siti Nazionali di Bonifica l’applicazione delle procedure semplificate introdotte nel 2014 con l’art.242bis proprio per velocizzare le bonifiche ripulendo tutto senza ricorrere all’analisi di rischio che porta lungaggini e bonifiche più blande (ma meno costose!).

Tutto ciò fa capire il tipo di “semplificazioni” che questo Governo e il Ministro Costa stanno facendo agli inquinatori.

Valutazione di Impatto Ambientale

Il Governo all’art.50 del Decreto taglia sulla partecipazione dei cittadini. Tanti bei propositi, soprattutto dal M5S e dal Ministro Costa, sul valore della cittadinanza attiva e sull’impegno civico diffuso e ora, invece di colpire i burocrati ministeriali che ci mettono anni ad esaminare le pratiche si indebolisce il ruolo dei cittadini che vogliono dire la loro su decisioni che impattano sulla loro salute, sulla qualità della vita e sull’ambiente. A questi soggetti, riuniti in associazioni, dovrebbe anzi essere garantita la possibilità di partecipare per poter intervenire durante tutto il procedimento amministrativo, comprese le Conferenze dei Servizi di cui alla Legge 241/1990: l’Art.118 della Costituzione favorisce proprio “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà“.

Si sacrificano, invece, i già brevi termini per presentare le osservazioni da parte dei cittadini su progetti enormi, dalle raffinerie alle centrali termo-elettriche passando per gasdotti, trivelle e altre grandi opere, costituiti da centinaia di elaborati tecnici e migliaia di pagine.

Questi i nuovi termini:

-nella verifica di Assoggettabilità a V.I.A. da 45 giorni a 30;

-nella V.I.A. “normale” restano 60.

-nella V.I.A. nazionale tramite conferenza dei servizi simultanea da 60 a 30 giorni;

-nella V.I.A. regionale si passa da 60 a 45 giorni.

Si arriva quindi al paradosso che per un’opera regionale, sicuramente  meno complessa, si avranno più giorni rispetto ad una procedura nazionale fatta procedendo per conferenza dei servizi.

Il tutto da un Ministero, quello dell’Ambiente, in cui non è stato attuato, nonostante da anni ci si riempia di chiacchiere, quel cosiddetto “dibattito pubblico”, previsto peraltro dal Testo Unico dell’Ambiente D.lgs.152/2006 fin dal 2006 sui progetti più impattanti.

Poi all’art.51 del Decreto la vera e propria elusione della Valutazione di Impatto Ambientale per il potenziamento di opere esistenti stradali, ferroviarie e idriche, una violazione netta della Direttiva Comunitaria 2014/52 che obbliga di assoggettare a V.I.A. le varianti sostanziali di queste opere. Tutto ciò comporterà con ogni probabilità solo ulteriori problemi nell’immediato futuro con ricorsi e condanne a cui porre rimedio spendendo soldi per adeguarsi.

Tante le altre norme vergognose introdotte ma qui evidenziamo due vere e proprie perle.

Alla faccia delle semplificazioni si moltiplicano le poltrone, costituendo una seconda commissione VIA nazionale specifica per le opere del Piano Clima Energia. Grandi slogan, peccato che dentro questo piano ci siano i gasdotti che trasportano metano, un fossile e pericoloso gas clima-alterante. Basta però, mettere la norma, sotto il titolo accattivante “Semplificazioni in materia di green economy” e i cambiamenti climatici saranno un ricordo.

Il DL andrà ora in Parlamento per la conversione in legge. Se i parlamentari non avranno un sussulto eliminando questi regali a inquinatori e affaristi, introducendo norme di civiltà in cui siano capisaldi la partecipazione dei cittadini, la trasparenza e la tutela della salute, troveranno pronti alla mobilitazione le realtà firmatarie di questo comunicato per difendere territori e cittadini.

Adesioni:

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
Fairwatch
Altragricoltura, Alleanza per la Sovranità Alimentare
Coordinamento Nazionale No Triv
Rete Mamme da Nord a Sud
Coordinamento Nazionale Tutela Fiumi Free Rivers Italia
Campagna Fuori dal Fossile
Ass. A Sud Onlus
Comitato No Grandi Navi
Comitato No Pedemontana
Gruppo d’Intervento Giuridico Onlus
Coordinamento No Hub del Gas
Medicina democratica Onlus
Associazione Mediterranea per la Natura Onlus
Rete Per la Tutela della Valle del Sacco – RETUVASA
Comitati Cittadini per l’Ambiente – Sulmona
Brigate Solidarietà Attiva Abruzzo
Brigate Solidarietà Attiva Marche
Acqua Bene Comune Pistoia
Alleanza Beni Comuni Pistoia
Associazione “Ornitologi Marchigiani” APS
Comitato No Tunnel TAV di Firenze
Salute Pubblica, Brindisi
Comitato Tutela Parco Faggi Sgaravatti
Erchie Informa
Forum Veneto Ambiente Salute Solidarietà
LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia – Marche
Comitato NO Pedemontana Matelica
SOS Adriatico – Emilia Romagna
Organizzazione di Volontariato per la difesa diretta della flora e fauna acquatica Care The Oceans
Cagliari Social Forum
Opzione Zero Riviera del Brenta
Comitato popolare “lasciateci respirare” di Monselice (PD)
Trivelle Zero Marche
Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti di Taranto
Ass.eQual Mantova
ABITO su misura – tutela dei beni comuni
Associazione Antimafie Rita Atria
Comitato Difesa Comprensorio Vastese
Cobas Confederazione dei Comitati di Base
Comitato No Metano Sardegna
Comitato Familiari Vittime Casa dello studente – Rete nazionale Noi non dimentichiamo
Comitato I Discoli del Sinarca – Molise
Mobilitazione Acqua Gran Sasso
Ass.Cova Contro Onlus
Comitato per la Salute, la Rinascita e la Salvaguardia del Centro storico di Brescia
Viviamo il Liri – Comitato a difesa del Fiume Liri
Coord. delle Assoc. No Triv della Val di Noto
Forum H2O Abruzzo
COMITATO MAMME LIBERE (di Policoro-Basilicata) per la tutela dei figli
GECO – Genitori Consapevoli Basilicata
“Mediterraneo No Triv”
Noi genitori di tutti – Onlus
Rete di Cittadinanza e Comunità- Terra dei Fuochi
Stop Biocidio
Mamme Vulcaniche
Taranto Respira
Gruppo Alterazione Climatica – Pesaro
Forum Ambiente Salute e Sviluppo di Brindisi
Famiglia Casto Marcello – del rione Tamburi di Taranto
ODV Comitato difesa ambiente territorio Spinea
Associazione IL SALVIANO – Centro Natura Marsica
ERCI team Onlus
CSEN Ambiente
Comitato Donne 29 Agosto -Acerra
No all’Incenerimento Sì al Riciclo Totale di Rifiuti -Fanna (PN)
Rifiutiamoli
Salix in Mente – Padova
ENPA Marche
Comitato No Stoccaggio Gas Poggiofiorito (CH)
Disarmisti Esigenti
Comitato Notube – Prov. Piacenza
Abruzzo Socia Forum
Paese Comune – San Giovanni teatino
Comitato Terme e Val Trebbia – Piacenza
Circolo Legambiente Val Trebbia
Circolo Legambiente “Emilio Politi” Piacenza
Forum Ambiente Salute e Sviluppo di Brindisi
Fipsas, sezione provinciale di Piacenza
Comitato Fermiamo la Guerra di Firenze
Ondaverde onlus Falconara Marittima
Mal’aria Falconara Marittima
Mamme Castenedolo Brescia
Mamme Comitato Cittadini Calcinato
Mamme Contro l’inceneritore di Mantova
Mamme No Smog Sud Milano
Laboratorio Falkatraz Onlus di Falconara marittima
Associazione “Mamme per la Salute e l’Ambiente onlus” Venafro
Associazione mamme in piazza per la Libertà di Dissenso
Non Una di Meno di Alessandria
Comitato Stop Solvay di Alessandria
Associazione GiorgioForever
Comitato Legamjonici Taranto
Comitato No Colacem
Coordinamento No Triv – Terra di Taranto
Mamme No Tap (Lecce)
Giustizia per Taranto
Peacelink
Comitato STOP VELENI
Coordinamento per il territorio contro la discarica Armicci-Bonvicino di Lentini – Siracusa
Comitato No Wi-Fi Toscana
SOS – La Piana del Casone – Scarlino
Obiettivo Periferia- piana fiorentina
Biodistretto Montalbano – piana fiorentina
Alleanza Beni Comuni- piana fiorentina
Mamme NoPfas – genitori attivi – zone contaminate
Vicenza senza Elettrosmog
No alla Discarica di Torretta-Verona/Rovigo
Rete Commissioni Mensa Nazionale
Comitato No Snam – Umbria
Comitato No Devastazioni – Umbria
Ambiente e Salute nel Piceno
Trivelle Zero Molise
Comitato di Redazione PFAS.land
Forum Ambientalista
Movimento NoTap/Snam Brindisi
Redazione emergenzaclimatica.it
Collettivo No al Fossile Civitavecchia
Il Martello del Fucino
Comitato S.O.L.E. Civitavecchia
Stazione Ornitologica Abruzzese Onlus
Ambiente Basso Molise
Assonautica Acque Interne Lazio e Tevere
“Orsa Pro Natura Peligna” SULMONA
Verdi, Ambiente e Società Salento
Il Popolo degli Ulivi Puglia
Ass. CiLLSA (Cittadini per il Lavoro, la Legalità, la Salute e l’Ambiente, operante nell’Ovest Vicentino)
Comitato Acqua Bene Comune di Verona
Gruppo Tamburi Combattenti, Taranto
Zero PFAS Padova

01/08: Falconara: Raffineria API ore 10.30

Rispondiamo dalle Marche alla mobilitazione nei territori dell’1/2 agosto della Campagna #perilclimafuoridalfossile con un presidio e conferenza stampa che si terrà sabato 1 agosto dalle ore 10.30 in poi davanti la Raffineria API di Falconara Marittima.

https://facebook.com/events/s/presidio-davanti-la-raffineria/3264957656900869/?ti=icl

Perchè l’unica via per uscire dalla stringente e indifferibile crisi climatica globale che ci coinvolge tutti, è un radicale cambiamento del sistema produttivo ed energetico, qui ed ora.
Perchè questa crisi climatica generale si cambia a partire dal locale e dai territori, agendo verso e contro i centri reali che determinano questo stato di cose, oltre gli scenari globali che ci pongono in una condizione di passitivà e fatalismo.
Perchè la raffineria Api, cresciuta dentro la Città di Falconara e alle porte del Capoluogo anconetano dal boom economico degli anni 50 fino ad oggi, rappresenta ora l’emblema di questa crisi: oltre ogni forma passata di redistribuzione economica della ricchezza prodotta da fonti fossili, oggi questo sistema espropria e estrae ricchezza per pochi e redistribuisce ai molti gli effetti sempre meno collaterali, fatti di criticità sanitarie, ambientali, inquinamento del territorio, nonché principale ostacolo ad una sua riconversione verso uno sviluppo altro e green.
Perchè oggi servirebbe una programmazione in direzione della dismissione di imprese inquinanti, conversione industriale e bonifica del territorio.

In questi anni abbiamo constatato quanto questo sistema di potere sia sempre più autoreferenziale, impermeabile al cambiamento e distruttivo in se’.
-Le continue segnalazioni dei cittadini delle esalazioni nocive hanno mostrato tutte le falle ancora in essere del sistema pubblico dei controlli sulle attività della raffineria e di altri attori sul territorio.
-Il comitato interistituzionale regionale che si è sostituito ai tavoli pubblici promossi dai comitati cittadini, da anni latita di informazioni e comunicazioni circa i termini dell’esecuzione delle prescrizioni in occasione dell’ultimo rinnovo dell’AIA del 2018, e su molto altro ancora.
-Il nuovo gasdotto SNAM di quasi 40 chilometri recentemente realizzato nel suo primo stralcio tra Falconara Jesi e Recanati, prelude ad una futuribile realizzazione del contestatissimo progetto di rigassificatore GNL da parte di API Nova Energia nel lontano 2011, già avallato, nel dissenso di una larga maggioranza della popolazione, con la partnership della regione Marche, la cui autorizzazione è stata prorogata dai ministeri competenti nel 2015, per cui pende un giudizio al Tar di cui nulla è più dato sapere ai comuni mortali.
-E per finire il recente Decreto legge Semplificazioni che, tra gli altri interventi, favorisce bonifiche di facciata e sommarie, decurtando gli interventi nelle acque sotterranee e nelle falde idriche a tutto vantaggio degli inquinatori vecchi e nuovi. I circa 40 SIN, siti da bonificare di interesse nazionale, tra cui ovviamente Falconara, che da quasi trent’anni attendono interventi di bonifica per la conclamata pericolosità del livello di contaminazione del suolo del sottosuolo e del mare, da priorità tutelata per legge, vengono declassati a interventi di bonifiche più blande e superficiali.

Per tutto questo aderiamo alla mobilitazione di Per il clima, Fuori dal fossile.
Perchè le tante questioni territoriali e locali sparse ovunque per l’Italia, sono più forti e incisive solo se unite e coordinate.
Perchè le questioni sanitarie e ambientali particolari vanno riconnesse allo scenario più generale della crisi climatica e dei tanti movimenti globali che sostengono la giustizia climatica.
Perchè è urgente passare dalle attività di segnalazione e monitoraggio dal basso dei fenomeni odorigeni alla contestazione aperta visibile e pubblica delle reali fonti di inquinamento

CON API NON SI VOLA PIU’
DISMISSIONE RICONVERSIONE BONIFICA DEL TERRITORIO

Laboratorio Falkatraz Trivelle Zero Marche Campagna Per il Clima Fuori dal Fossile

SNAM: dov’è la politica?

La politica è la grande assente della vicenda Snam. Da lungo tempo stiamo sollecitando i nostri rappresentanti istituzionali ad adoperarsi per avere incontri con i Ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico per poter portare ai massimi livelli le sacrosante ragioni del nostro territorio ma la risposta è sempre la stessa : “vedremo, faremo… vedremo, faremo”.

Francamente siamo stufi dei comunicati stampa di solidarietà che non servono a niente se non a mettersi qualche finta medaglia. Così come siamo stufi di sentirci dire che si è fatto il proprio dovere perché sono stati presentati ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. Ci mancherebbe che non fosse così, dopo tutte le delibere di contrarietà votate alla unanimità!

Le due sentenze del Consiglio di Stato sono uno schiaffo ai diritti di un intero territorio. Che senso ha dire che ”la sovranità appartiene al popolo” quando ciò che il popolo ha deciso, attraverso tutti i propri rappresentanti ad ogni livello (Comuni, Provincia, Regione, Parlamento) non conta nulla?

Che la centrale e il metanodotto non servono assolutamente a niente se non a far fare soldi alla Snam lo sanno ormai anche le pietre. Altro che “opere strategiche”! Il gas non ha futuro, e lo sanno bene le grandi multinazionali del settore che si stanno attrezzando per riconvertirsi verso altre fonti energetiche come l’idrogeno.

E’ di questi giorni la notizia che Gazprom, il colosso energetico russo e maggior fornitore di gas all’Unione Europea, è in profondo rosso. Nel primo trimestre di quest’anno ha perso 1,4 miliardi di euro, e il coronavirus c’entra poco. Il fatto è che il gas si consuma sempre di meno e questa, ormai, è una tendenza irreversibile.

Tutte queste cose le sanno bene la Snam e i governanti che gli reggono il sacco. Il guadagno non è tanto nella rivendita del gas ma nell’intascare i soldi per la costruzione delle opere. Tanto le pagano l’Europa e noi cittadini attraverso la bolletta energetica. Nel nostro caso parliamo di 1.596 milioni di euro: 1.406 per la Linea Adriatica ( da Sulmona a Minerbio) e 190 per la centrale di Sulmona.

A questo punto, visto che chi deve ascoltare i cittadini non vuol sentire, non resta che la lotta, democratica e nonviolenta: i partiti e i nostri rappresentanti istituzionali, a tutti i livelli, organizzino delle manifestazioni a Roma, sotto i palazzi del potere. Noi siamo pronti.

Sulmona, 17 luglio 2020

Coordinamento No Hub del Gas

La partita SNAM è ancora aperta dopo le due sentenze del Consiglio di Stato

La partita Snam è ancora aperta, sia sul piano legale che su quello politico. Sul piano legale c’è ancora il ricorso del Comune dell’Aquila contro la sentenza negativa del TAR Lazio; ricorso che auspichiamo venga presentato dal Capoluogo di Regione, dichiaratosi sempre contrario al progetto della Snam. Inoltre, essendo la centrale di compressione al servizio del metanodotto, essa non potrà essere realizzata se prima non sarà rilasciata l’autorizzazione a costruire del metanodotto Sulmona – Foligno.

Sul piano politico ci aspettiamo che dalle Istituzioni e dai partiti del territorio vengano messe in atto tutte le possibili iniziative affinchè il Governo nazionale azzeri un progetto che non è assolutamente sostenibile né per il fabbisogno di gas del nostro Paese né per gli obblighi assunti dall’Italia a livello internazionale per la difesa del clima e il conseguente abbandono delle fonti fossili, gas compreso. Il progetto della Snam è stato concepito prima del 2005, ma si può ben dire che appartiene al secolo scorso. In 15 anni tutto è cambiato. Allora si pensava che il gas potesse avere un futuro. Oggi il metano, inquinante e molto pericoloso come gas serra (80 volte più climalterante della CO2) è un residuato del passato. La terza rivoluzione industriale sarà interamente basata sulle energie rinnovabili.

Chiediamo, come primo provvedimento, la immediata riapertura da parte del Ministero dell’Ambiente della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, in ragione delle tante novità emerse rispetto a 10 anni fa (il decreto V.I.A. risale al 7 marzo 2011), tra cui l’incompatibilità della centrale con la tutela dell’Orso bruno marsicano, specie protetta ad altissimo rischio di estinzione, la cui assidua presenza nell’area della centrale è stata dimostrata scientificamente da parte del Parco nazionale della Majella.

Il Consiglio di Stato, facendo proprie le affermazioni della Snam secondo cui il progetto sarebbe “strategico”, scrive che senza la sua realizzazione vi sarebbe addirittura “un potenziale danno per l’interesse pubblico nonché per la collettività dei cittadini”. Una tesi, quella della presunta strategicità, mai dimostrata né dimostrabile perché l’Italia non ha bisogno di nuove infrastrutture del gas: quelle esistenti non solo sono sufficienti ma sono sovradimensionate rispetto alle necessità interne. Basti dire che nel 2005 si consumavano in Italia oltre 86 miliardi di metri cubi di gas. Oggi se ne consumano 75 miliardi e nel 2030 60 miliardi, secondo le previsioni dello stesso Governo italiano (vedi Pniec, piano energetico integrato energia e clima). Perché la Snam su questo, come del resto su tanti altri punti , non ci ha mai risposto?

E se il progetto è “strategico”, come dice la Snam e ripete il Consiglio di Stato, perché non è mai stata fatta la Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.)? Il Consiglio di Stato sostiene che la V.A.S. non si doveva fare solo perché il procedimento è stato avviato nel 2005, prima dell’introduzione della V.A.S. che è del 2007. Tesi, questa, assurda perché è come dire che la centrale può essere realizzata con le norme edilizie ed antisismiche di 15 anni fa! Le sentenze con cui il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi del Comune di Sulmona e della Regione contengono affermazioni paradossali. Si sostiene che l’applicazione del principio di precauzione “non si può fondare sull’apprezzamento di un rischio puramente ipotetico, fondato su mere supposizioni non ancora verificate”. Costruire una centrale, in un’area ad altissima sismicità, certificata scientificamente dall’INGV, sarebbe “un rischio puramente ipotetico” ? E comunque, proprio una sentenza del Consiglio di Stato sez. IV, 11 novembre 2014 n. 5525, invece, stabilisce che “l’applicazione del principio di precauzione comporta che ogni qualvolta non siano riconosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali”.

E ancora: nelle sentenze si sostiene che il Comune e la Regione “avrebbero dovuto offrire con criteri scientifici la specifica dimostrazione di criticità del progetto lasciate per così dire scoperte dalle procedure espletate”. Questa “dimostrazione di criticità” l’ha data la Commissione VIA nel 2010 quando ha stabilito ben 46 prescrizioni, le quali non stavano ad indicare che le soluzioni proposte erano adeguate alla sismicità dell’area, come erroneamente ritenuto dalle sentenze del Consiglio di Stato, ma evidenziavano che il progetto non stava in piedi e avrebbe dovuto essere bocciato. E ancor più la bocciatura doveva essere decisa dalla Commissione Tecnica V.I.A., considerato che i dati sul rischio sismico erano sottostimati. Peraltro tale prova è stata fornita nel 2017 al Presidente del Consiglio, ai vari Ministri competenti e ai Presidenti delle quattro Regioni interessate. Le prescrizioni stabilivano che, proprio a causa delle gravi carenze progettuali, la Snam avrebbe dovuto effettuare studi scientifici di dettaglio, in particolare sulla sismicità. Ancora nel 2018, dopo l’autorizzazione della centrale, il Ministero dello Sviluppo Economico si impegnava a far effettuare questi studi dall’INGV che evidentemente miravano a colmare proprio sul rischio sismico la enorme lacuna del progetto presentato ed approvato, ma nessuno fino ad oggi ne ha saputo più nulla.

Agli inizi di luglio abbiamo scritto che non sarà una sentenza a fermarci. Dopo aver conosciuto le debolissime motivazioni del Consiglio di Stato, che ricalcano acriticamente le tesi della Snam, siamo ancora più convinti della giustezza della nostra lotta, che porteremo avanti con ancora più determinazione di prima.

Coordinamento No Hub del gas Abruzzo

Sulmona, 15 luglio 2020

Il greenwashing della Banca Europea per gli Investimenti

Nel novembre 2019, con il lancio della sua nuova politica energetica la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha gettato le basi per divenire la “banca per il clima” dell’Unione europea. La decisione di chiudere il rubinetto dei prestiti al settore estrattivo a partire dal 2021 ha generato un notevole dibattito nel settore finanziario e tra le banche di sviluppo pubbliche, finite sotto la pressione delle proteste dei giovani attivisti dei Fridays for Future, che chiedevono loro di azzerare i prestiti a un settore, quello delle fossili, che contribuisce in larga parte alla crisi climatica.

Se da un lato va dato atto ai banchieri di Lussemburgo dell’importanza di questa decisione, dall’altro la banca è ancora ben lontana dall’agognato impatto zero. Ce lo spiega bene il nuovo rapporto pubblicato da Counter Balance, dal titolo “The EU Climate Bank: Greenwashing or banking revolution?” (scaricabile in inglese qui: http://www.counter-balance.org/too-soon-to-call-eib-eu-climate-bank/ ). Secondo la rete di organizzazioni, di cui fa parte anche Re:Common, sono numerosi gli ambiti di investimento da cui la banca dovrebbe uscire per allineare le proprie operazioni agli impegni presi con l’Accordo di Parigi.

Prima di tutto, dovrebbe affrontare le preoccupanti lacune contenute nella policy sull’energia di cui sopra, che consente ancora di finanziare progetti nel settore del gas sulla base di vaghe promesse di una futura riduzione delle emissioni che dovrebbero rendere queste stesse opere più “green”. Poi c’è il problema dei “Progetti di interesse comune” della Commissione europea: la 4a lista dei progetti prioritari, approvata nel 2019, contiene ben 32 grandi infrastrutture per il trasporto, estrazione, stoccaggio e trattamento del gas che la BEI potrebbe finanziare. Infine le soglie di performance richieste ai clienti della banca non sarebbero per niente stringenti, aggiungendo una ulteriore finestra attraverso cui nuovi progetti fossili potrebbero beneficiare dei soldi della banca.

Solo qualche giorno fa il vice presidente della banca, Andrew McDowell, ha dichiarato all’agenzia di stampa Reuters che “investire in nuove infrastrutture nel settore fossile, come terminali LNG, è sempre di più una decisione economicamente scorretta”. Eppure lo scorso giugno la BEI ha garantito ben 150 milioni di euro per la costruzione di un terminale LNG a Cipro, un progetto che favorirà l’espansione dell’estrazione di gas in acque profonde nel Mediterraneo orientale. Alla faccia delle considerazioni economiche, della politica energetica e della compatibilità climatica!

Secondo Counter Balance, il problema della sostenibilità climatica dei finanziamenti erogati va ben oltre il settore energetico: il rapporto segnala ad esempio l’impatto enorme su ambiente e clima di un modello di organizzazione dei trasporti incentrato sull’espansione del traffico aereo e sul commercio a lunga distanza, che la BEI continua a sostenere. Fra il 2016 e il 2019, la banca avrebbe finanziato l’espansione di aeroporti per 4 miliardi di euro; 10,5 miliardi di euro sono statti destinati alla costruzione di nuove strade e autostrade e 2,83 miliardi al settore marittimo, incluso per navi alimentate a gas. In tutto, 28,7 miliardi di euro del budget della Bei sarebbero andati a operazioni ad alte emissioni nel settore dei trasporti e dell’energia.

Quindi quale sarebbe la ricetta da seguire per divenire davvero la banca per il clima di cui l’Ue possa vantarsi? Per iniziare, la BEI dovrebbe smarcarsi dai falsi miti della transizione green promossa dalle grandi corporations. Primo fra tutti, quello del “gas verde” o “rinnovabile”, che di fatto non esiste (e forse non esisterà mai). Come non esiste l’“aviazione verde”, ma per ora ci sono solo tante promesse delle multinazionali sulle riduzioni di emissioni future di uno dei settori più pericolosi per il clima. In entrambi i casi, il rischio che risorse pubbliche continuino a sostenere settori così inquinanti sulla base di impegni sulla carta che potrebbero materializzarsi solo in parte (o per niente) è davvero troppo alto. C’è poi il mito della “finanza verde”, che riduce le proprie emissioni tramite meccanismi di offsetting della biodiversità, rischiando di alimentare l’accaparramento di terre, la deforestazione, le violazioni dei diritti umani delle comunità coinvolte. Anche questo è un mito da decostruire, non solo per investimenti in grandi infrastrutture (verdi!) ma anche per investimenti in mega impianti fotovoltaici o per lo sfruttamento dell’energia eolica. “Rinnovabili” certo, ma insostenibili.

Per trasformarsi nella Banca per il clima dell’UE, la BEI dovrebbe rivedere radicalmente la lettura del modello di sviluppo che sostiene. Serve un processo lungo e complesso, che richiederebbe alla banca di svincolarsi dalle pressioni del settore estrattivo e dell’industria pesante, ma anche da quello del settore finanziario, tra i grandi promotori dei mega-corridoi infrastrutturali orientati a favorire il transito sempre più rapido (e estrattivista) di merci su scala globale. Un vero e proprio piano di sviluppo di infrastrutture nei cinque continenti che se realizzato, diventerà la spina dorsale del sistema economico per i prossimi cinquanta e più anni, e che non può essere compatibile con la tutela del clima e la necessaria riduzione di emissioni su scala globale. Chissà se i banchieri di Lussemburgo saranno tanto ambiziosi da voler creare una “vera” banca per il clima, o se anche loro sperano che pochi ritocchi bastino a consegnare al mondo un immagine “green”, continuando però con il business as usual.

Fonte: https://www.recommon.org/il-greenwashing-della-banca-europea-per-gli-investimenti/