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Le nostre osservazioni al PiTESAI

Il PiTESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee): “finta razionalizzazione” e “colpevole ritardo”

Sono oltre cento le osservazioni arrivate alla consultazione pubblica, terminata mercoledì 14 settembre, sul nuovo PiTESAI presentato dal nuovo Ministero della Transizione Ecologica: dalle istituzioni (come il Ministero delle Politiche Agricole e il Ministero della Salute, le Regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Basilicata, Puglia e da molte Province e Comuni, e poi Acquedotto Pugliese, il Parco Delta del Po), e poi da tantissime associazioni, tra cui emergenzaclimatica.it, Forum Ambientalista, No TAP/SNAM Brindisi, Notriv, aderenti alla Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile”. Tutti fortemente critici verso il Piano che viene così bocciato in ogni sua parte.

Il nuovo Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee, che deve regolamentare il rilascio o meno dei titoli minerari per “trivellare” a terra e in mare, e che dovrebbe eseguire la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, con cui l’Italia ha adottato e programmato l’attuazione dell’Agenda 2030 (che individua gli obiettivi energetici verso il processo di decarbonizzazione), e la Long Term Strategy (che fornisce una visione al 2050), è in aperta contraddizione con tutti gli obiettivi di decarbonizzazione e di riduzione delle emissioni climalteranti promessi dall’Italia all’Unione Europea e imposti dall’Unione Europea stessa, dai rapporti IPCC e dagli obiettivi ONU.

Infatti il nuovo PiTESAI lascia intatte tutte concessioni di ricerca e coltivazioni sia di petrolio che di gas in essere (“fino a fine vita”), assicura le autorizzazioni alle richieste concessorie attualmente in moratoria, a patto che si trovino nelle nuove aree idonee (ed è chiaro che lo siano), anzi, promette per le nuove autorizzazioni un regime “semplificato” secondo le finalità espresse dal “Decreto Semplificazioni”.

Vengono addirittura allungate le scadenze dei titoli minerari di coltivazione: oltre al primo periodo di vigenza di 20 o 30 anni sono previsti ulteriori periodi di proroga di 10 e 5 anni, cioè oltre il 2050! Ricordiamo che tutti i progetti a petrolio o gas fossile nel PnRR sono stati bocciati dall’Unione Europea e perciò esclusi.

Finta” razionalizzazione

La “razionalizzazione” in termini di obiettivi climatici europei riguarda nel PiTESAI il numero di impianti in dismissione (cioè quelli improduttivi da oltre 7 anni: è chiaro che sono impianti a fine vita o esauriti) e non la quantità prodotta di idrocarburi: nel 2020 si è registrata una produzione di olio greggio pari a 5,38 milioni di tonnellate con un incremento del 26,13 % rispetto alla produzione 2019, che, trasformato poi dalla filiera produttiva, aumenterà proporzionalmente le emissioni di CO2. E con l’introduzione della tassazione europea sulla CO2 emessa, tale aumento sarà scaricato dai buyers (ENEL, Acea, A2A, Edison…) sulle bollette dei cittadini (si veda l’aumento del 40% delle bollette annunciato in questi giorni dal Ministro Cingolani).

E la “razionalizzazione” riguarderebbe anche le “zone idonee”, che rappresentano il 42.5% dell’area terrestre italiana e l’11% dell’area marina, senza considerare le aree transfrontaliere…

Ma nello specifico, l’esigua riduzione delle aree idonee riguarda zone in cui le compagnie oil&gas hanno da tempo abbandonato le attività minerarie.

Manca poi del tutto una programmazione di dismissioni di impianti o riduzione della produzione esistente di gas e petrolio al 2050. Non si può realizzare la “transizione ecologica” aumentando l’estrazione di petrolio negli impianti esistenti e mantenendo tutte le attività minerarie esistenti e concedendo illimitati nuovi titoli minerari a patto che rientrino in quella metà del territorio italiano considerato area idonea.

“Colpevole ritardo”

Entro due settimane la Commissione Tecnica VIA/VAS del Mite dovrà acquisire e valutare tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti pervenuti nella fase di consultazione, ed esprimere il parere motivato, che costituisce presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione. Poi, il Ministro della Transizione Ecologica approva il Piano, di intesa – per la terraferma -con la Conferenza Unificata Stato – Regioni. Come farà il MITE e la CT VIA/VAS a pubblicare il PiTESAI per la sua adozione definitiva entro il 30 settembre 2021?

Ricordiamo come la mancata approvazione del PiTESAI entro il suddetto termine potrebbe fare ripartire quei circa 40 permessi di ricerca di idrocarburi in nuove coltivazioni bloccati dalla moratoria del 2019, visto anche il precedente del 9 aprile 2021, primo atto del nuovo Ministero, che sbloccava una decina di VIA ai rinnovi di concessioni, comprese anche le concessioni di petrolio, localizzate in coltivazioni esistenti.

Perciò chiediamo innanzitutto al MITE di prorogare la moratoria del 2019 verso tutte le concessioni fino all’approvazione del PiTESAI, visto che tale moratoria era stata originariamente deliberata dal MATTM proprio per riconsiderare i permessi di ricerca e coltivazione di idrocarburi sia in nuove aree che in quelle attuali, e proprio per adeguare tale normativa alle nuove politiche europee, e procedere così speditamente verso l’opzione zero del 2050, e cioè lo stop alle trivellazioni, nel rispetto di uno dei principi cardine della transizione ecologica: il rapido abbandono dei combustibili fossili, responsabili di emissioni nocive e climalteranti.

Manca a questo Ministero della Transizione Ecologica una politica globale e una strategia nazionale per l’emergenza climatica. Ogni Piano finora deciso dal Governo a livello nazionale (dall’anacronistico PNIEC alla ambigua Strategia Nazionale sull’Idrogeno) sembra prolungare lo status quo, invece che pianificare una fuoriuscita dai combustibili fossili.

Il prossimo 9 ottobre, porteremo la nostra protesta e le nostre proposte sotto al Ministero per reclamare un cambio di passo netto e deciso verso una vera riconversione ecologica per la giustizia climatica.

Chiediamo a tutte le realtà ecologiste e ai comitati territoriali, di confrontarci e di aderire a questo importante appuntamento, pensato come una tappa di quel percorso di mobilitazioni che, dal NO G20 di Venezia e di Napoli, passando dalle iniziative di contestazione della pre–Cop in programma a Milano, e dallo sciopero generale dei sindacati di base, ci porterà alle manifestazioni contro la COP 26 a Glasgow.

Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile”

No a nuove trivellazioni

Immagine romantica di una trivella in Sicilia

Dobbiamo all’infaticabile opera di analisi, studio e approfondimento del professor Vincenzo Balzani, l’informazione su un’ ennesima  scellerata scelta del cosiddetto Ministero della Transizione Ecologica.

In piena calura ferragostana, apprendiamo che tale ministero (la cui istituzione pareva dovesse essere un superamento in funzione ecologista del Ministero dell’Ambiente, e invece si sta rivelando il funerale di ogni residuo afflato ambientalista nelle istituzioni di alto livello), ha emesso l’autorizzazione a nuove trivellazioni in Romagna, e per la precisione nel territorio Lughese.

Ci chiediamo  come sia possibile, dopo il lancio del Next Generation EU, il pur contraddittorio PNRR e il recente, preoccupato documento dell’IPCC sui cambiamenti climatici, che consolida quanto già ampiamente dimostrato in una miriade di studi prodotti in questi anni, andare avanti trivellando ancora di più  il nostro fragile territorio per estrarre combustibili fossili.  

Dopo la prima pagina, il documento cita ben 20 precedenti disposizione di legge, perfino un Regio decreto del 1927!  

Vorremmo ricordare al Ministro Cingolani (perché a questo punto abbiamo seri dubbi sulle sue conoscenze) che la prima cella fotovoltaica è stata inventata nel 1954, che il fotovoltaico converte l’energia solare in energia elettrica con una efficienza superiore al 20% (cento volte maggiore dell’efficienza della fotosintesi naturale) senza produrre gas serra, e che il sole non ci manca. E che il suo compito sarebbe proprio quello di lavorare per favorire al massimo lo sviluppo delle fonti rinnovabili, non quello di rimarcare ad ogni piè sospinto le difficoltà del percorso, minacciando il “bagno di sangue” (parole sue) se tale percorso verrà intrapreso.

La fuoriuscita dalle fonti fossili è indispensabile se si vuole iniziare a rallentare i drammatici processi di alterazione del clima che stanno provocando le catastrofi cui in questa torrida estate stiamo assistendo con particolare evidenza.

Pensiamo che di fronte alla situazione attuale si debba levare un coro assolutamente trasversale di no a queste politiche, che non solo rappresentano un freno alla necessaria trasformazione, ma  riportano indietro le lancette dell’orologio, ai tempi in cui la rapina dell’ambiente veniva considerata normale e scontata pratica per avanzare nel progresso. E che stanno rendendo irreversibili i danni inferti agli ecosistemi e alla vita di tutte/i noi.

Chiediamo pertanto a tutto il mondo associativo, alle forze politiche, alle istituzioni locali, e anche alle singole persone di rivendicare con forza il blocco di tali nuove attività di trivellazione.

Una cosa è chiara: il futuro delle nostre figlie, i nostri figli e nipoti non ce lo regalerà nessuno, non certo una classe dirigente evidentemente legata mani e piedi al mondo dell’estrattivismo, che in tutto il pianeta sta producendo disastri.

Pertanto invitiamo tutte/i a partecipare attivamente ai momenti di mobilitazione, che già a partire dal prossimo settembre il nostro coordinamento costruirà, assieme a tutto il movimento ambientalista, a Ravenna e in tutto il Paese.

                           Coordinamento Ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

Ravenna 15 agosto 2021-08-15

09/04: draghi firma per le trivelle

Tra i primi provvedimenti favorevoli del Ministero presieduto dall’ex responsabile innovazione di Leonardo Spa, ben 11 nuovi pozzi per l’estrazione di gas e di greggio in mare e in terraferma.

Dura presa di posizione della Campagna per il Clima Fuori dal Fossile: “altro che transizione ecologica, il nuovo Ministro Cingolani getta subito la maschera e fa intravedere cosa intende il governo Draghi per svolta “green”: avanti tutta con il “fossile”.

Un regalo alle grandi compagnie estrattive, come ENI, che mina alla base le politiche di riduzione dei gas climalteranti.

La Campagna per il Clima Fuori dal Fossile, a cui aderiscono oltre 60 comitati e associazioni che in tutta la penisola si battono contro trivelle, gasdotti, centrali termoelettriche, interviene in modo deciso sulle prime mosse del Ministero della Transizione Ecologica. Si tratta dei provvedimenti favorevoli di compatibilità ambientale (VIA) per 11 nuovi pozzi di estrazione di idrocarburi sparsi tra terra e mare in Veneto, Emilia-Romagna, Marche , Abruzzo e Sicilia

Alcuni di questi progetti, 7 per la precisione, erano stati presentati da molto tempo da Eni (3), Po Valley Operations PTY Ldt (2) e SIAM Srl (2); l’iter di approvazione era stato bloccato proprio dal Ministero dell’Ambiente, fino all’arrivo di Cingolani che dato semaforo verde. Tra l’altro questa accelerazione avviene in momento in cui è in fase di rinnovo il PITESAI, il Piano per la Transizione Ecologica e Sostenibile che dovrebbe ridefinire il quadro di riferimento e le aree del territorio nazionale in cui sono consentite o meno le attività di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi.”

Il Governo Draghi getta la maschera ancora prima di averla indossata – attaccano i comitati della campagna Per Il Clima Fuori dal Fossile – perchè con questi provvedimenti si comincia a dare il via libera alla falsa transizione energetica, quella che assumendo il metano come fonte energetica primaria, abbinato magari all’idrogeno come vettore e ai pozzi di stoccaggio di CO2 (come il progetto CCS di ENI a Ravenna), mira a mantenere in piedi le filiere di estrazione dei combustibili fossili e con esse a salvaguardare monopoli e profitti delle grandi compagnie come ENI e SNAM. Stiamo attraversando una crisi ecologica e climatica gravissima, che provoca disastri continui, ne è un esempio la pandemia in corso. Eppure si continua imperterriti con scelte politiche e industriali scellerate, che minano alla base la possibilità concreta di raggiungere gli obiettivi di riduzione drastica delle emissioni climalteranti indicati dall’IPCC come una priorità urgente e necessaria”.

Per i comitati “climatici” il problema è molto chiaro: non si tratta solo dei rischi e delle criticità insiti in ogni singolo impianto estrattivo, ma soprattutto del fatto che il metano, apparentemente più “pulito”, rappresenta in realtà una minaccia per il clima tanto quanto il carbone: molti studi scientifici dimostrano infatti in modo inequivocabile come l’estrazione, il trasporto, e lo stoccaggio di gas naturale sono soggetti ad enormi perdite fuggitive, e il gas tal quale emesso in atmosfera provoca un effetto serra molto più potente e duraturo della CO2. “Tra pochi giorni il Governo si appresta a trasmettere il Recovery Plan in Europa, senza che ci sia stato il ben che minimo coinvolgimento dei territori e degli Enti Locali, nè un dibattito pubblico in Parlamento. – proseguono i comitati della Campagna –

Si tratta di decine di miliardi di euro pubblici di cui non si sa nulla su come il Governo intende spenderli. Dovrebbero essere impiegati prioritariamente per la transizione ecologica quella vera, per la sanità, l’istruzione, il welfare. Invece, proprio da queste scelte, si capisce come il nuovo Ministero presieduto dall’ex responsabile innovazione di Leonardo Spa avrà la funzione di sottomettere definitivamente la tutela dell’ambiente allo “sviluppo economico”, secondo quel modello “fossile” che ha generato la crisi e che è funzionale all’accumulazione di enormi profitti da parte della finanza e delle grandi multinazionali. Sappiano Draghi e Cingolani che i comitati e i movimenti sono pronti a dare battaglia in ogni territorio”.

Comunicato stampa 9 aprile

Campagna nazionale Per il clima fuori dal fossile